Carve the Mark in poche parole: Cyra e Akos cercano di capire come possono sfuggire ai propri Fati e soprattutto se possono farlo.
Comincio con il dire che non è un brutto libro, in fondo una volta finito mi sono ritrovata a comprarne il seguito. Qualcosa significherà. Però è estremamente noioso e lungo. Ed è un vero peccato perchè aveva molto potenziale.
I protagonisti… non mi sono piaciuti, sono piatti e sembrano farsi trascinare dagli eventi o recitare una parte. Non hanno carattere e probabilmente alla fine della serie me li dimenticherò. Cyra in particolare non mi è proprio piaciuta.
L’unico che un po’ mi intrigava era Ryzek, il fratello di Cyra. Imprevedibile e scontroso, lui si che aveva personalità! Purtroppo è il cattivo della storia, o per fortuna, dipende dai punti di vista. Io preferisco che a piacermi siano i protagonisti, normalmente sono loro che mi spingono a leggere di più.
La storia sarebbe anche carina, ripropone sempre gli stessi argomenti che troviamo negli YA degli ultimi anni, la fuga dal proprio destino, la scoperta di se stessi, un amore proibito, però nello spazio, che per me è un punto a favore, e con un conflitto in corso. È un genere che normalmente mi piace e piace a molte altre persone e lo svolgimento non è male.
È lo stile che incredibilmente rovina tutto. Io mi ricordo benissimo quanto mi era piaciuto Divergent, era veloce e pieno di azione, e per quanto non abbia amato i seguiti, ho sempre apprezzato la scrittura dell’autrice. Qui non ce l’ho fatta, era troppo lenta. Giusto i primi e gli ultimi capitoli si è ripresa, ma per il resto niente, calma piatta. Forse le interessavano di più, ma a questo punto era meglio ridurre tutto di almeno 100 o 150 pagine.
Il fatto che ogni personaggio avesse un potere unico mi è piaciuto molto!
Stenderei un volo pietoso sulla parte romantica, non ho nemmeno voglia di parlarne, anzi, mi spingerei a dire che è inutile e poteva tranquillamente essere evitata.
In conclusione, andò avanti con la serie e vedrò come finisce.